Adrenoleucodistrofia cerebrale, speranze dalla terapia genica

L’azienda Bluebird bio ha annunciato i risultati aggiornati emersi dallo studio di Fase II/III Starbeam (ALD-102) relativi alla terapia genica sperimentale Lenti-D™ in ragazzi di età compresa tra 0 e 17 anni affetti da adrenoleucodistrofia cerebrale (CALD). Ha anche comunicato i dati iniziali dello studio osservazionale ALD-103, attualmente in corso, volto a valutare gli esiti del trapianto allogenico di cellule staminali ematopoietiche (allo-HSCT) in ragazzi di età compresa tra 0 e 17 anni affetti da CALD.
I dati sono stati presentati in occasione del Simposio 2018 della Society For the Study of Inborn Errors of Metabolism (SSIEM), tenutosi ad Atene, Grecia.

Per i risultati si rimanda all’articolo pubblicato l’11 Settembre 2018 dall’Osservatorio Malattie Rare:
Adrenoleucodistrofie cerebrale, al Simposio SSIEM nuovi dati sulla terapia genica

Già nel 2009, però, era stato dimostrato tramite uno studio pilota in Francia, durato otto anni, che la tecnica della terapia genica – in realtà messa a punto dall’Istituto Telethon di terapia genica del San Raffaele di Milano – funzionava. Infatti, la prova del successo di questa tecnica innovativa arrivò da Parigi dove un gruppo di ricercatori era riuscito a riuscito a rallentare la progressione di questa grave malattia degenerativa al cervello su due pazienti, l’Adrenoleucodistrofia – la stessa del famoso film “L’olio di Lorenzo” – riuscendo a modificare le loro stesse cellule staminali del midollo. I risultati del trial clinico furono pubblicati sulla rivista Science.
Per maggiori dettagli, si rimanda all’articolo “Terapia genica per rallentare l’Adrenoleucodistrofia” su “Le Scienze” del 5 Novembre 2009.
In quel periodo, aveva detto Luigi Naldini, direttore dell’Istituto milanese, articolo “Francia – Funziona la terapia genica contro l’Adrenoleucodistrofia” di ADUC Salute del 5 Novembre 2009“si tratta di una grande soddisfazione…. abbiamo cominciato a lavorare su questo tipo particolare di vettore genico già dodici anni fa e ora questi risultati sono davvero incoraggianti”.
E rimanendo in tema di Adrenoleucodistrofia, aggiungeva: “Molto spesso non è praticabile la terapia del trapianto di midollo osseo perché non si riesce a trovare un donatore compatibile, allora l’unica soluzione possibile è quella di usare le staminali prelevate dal paziente stesso. Si tratta pero’ di cellule che portano al loro interno lo stesso difetto genetico che porta allo sviluppo della malattia e prima di trapiantarle bisogna correggerle geneticamente. Fino ad oggi non esistevano pero’ delle tecniche che permettessero di correggere questo difetto genetico in maniera efficiente, non esisteva cioè un virus che è in grado di entrare nel dna cellulare e di modificarlo. Noi dodici anni fa abbiamo commesso un azzardo e abbiamo deciso di usare un virus molto temibile, quello dell’Aids e lo abbiamo modificato proprio per poter funzionare al nostro scopo.  I risultati descritti su Science sullo studio dei ricercatori francesi ci danno un enorme soddisfazione”.

Ed in effetti, il cavallo di troia di Luigi Naldini, direttore del SR-Tiget è stato sempre l’HIV: la sua idea… quella di sfruttare la sua eccezionale capacità di entrare nelle cellule per trasformarlo in un trasportatore di materiale genetico con una finalità terapeutica.
La prima dimostrazione che, dopo un’opportuna manipolazione in laboratorio, Hiv potesse trasformarsi in un vettore efficiente per la terapia genica, meritò nel 1996 le pagine di Science e fu accolta positivamente dalla comunità scientifica. Al contempo però c’era anche grande scetticismo sulla possibilità di utilizzare nell’uomo vettori per la terapia genica derivati dall’Hiv, perché faceva paura, anche oggi, in quanto è possibile controllarlo, ma non cancellarlo del tutto.
Fondazione Telethon ha creduto a questa idea e ha dato vita, insieme all’Ospedale San Raffaele, appunto, ad un Istituto dedicato proprio alla terapia genica, l’Istituto San Raffaele Telethon per la terapia genica (SR-Tiget). Nel 2013 all’SR-Tiget è stato dimostrato per la prima volta al mondo che la terapia genica con vettori derivati da Hiv può cambiare la vita di bambini affetti da gravi malattie genetiche del sistema nervoso e immunitario, come la leucodistrofia metacromatica e la sindrome di Wilskott-Aldrich.
Ma la tecnica messa a punto dagli scienziati italiani del San Raffaele, in grado di sostituire il gene non funzionante, è stata sperimentata già dall’anno 2000 su bambini affetti da ADA-SCID, un percorso durato sedici anni al termine dei quali è risultata, al mondo, la prima terapia genica ex-vivo a base di cellule staminali ematopoietiche – Strimvelis – destinata a pazienti affetti, appunto, dalla grave immunodeficienza di origine genetica detta ADA-SCID.

Bene, anche per la forma CALD di Adrenoleucodistrofia un percorso simile e che comunque si basa sull’inserimento del gene corretto veicolato da un un vettore virale Hiv…. dal film (L’olio di Lorenzo) alla realtà…perché anche dietro questa svolta c’è la determinazione di una “madre coraggio”. Amber Salzman, dirigente dell’azienda farmaceutica inglese GlaxoSmithKline, che nel 2000 si trovò ad affrontare una diagnosi di ALD al nipote, ma procedendo con le analisi scoprì che anche suo figlio e l’altro nipote erano portatori del gene malato. (tratto dall’articolo pubblicato il 6 Ottobre 2017 dal titolo “Terapia genica frena la malattia dell’olio di Lorenzo”)
A quel punto – sempre tratto dalla fonte precedentemente indicata – si rivolse a Tachi Yamada, responsabile Ricerca e Sviluppo di Gsk, chiedendo cosa fare prima che in suo figlio e nell’altro nipote la malattia avanzasse in breve tempo. Yamada le spiegò che la sua scommessa era la terapia genica, un trattamento che però si era arenato. Ma Amber non si è arresa e insieme alla sorella Rachel e ad altri scienziati ha fatto appello ai ricercatori di tutto il mondo chiedendo loro di studiare un virus diverso per la terapia genica, efficace e sicuro. La scelta è caduta, quindi, sull’Hiv, che grazie alla battaglia della donna incominciò ad essere usato prima in un piccolo studio in Francia (quello citato precedentemente) e poi in altre sperimentazioni, fino ad oggi con l’azienda Bluebird bio.

In ultimo, è fondamentale quindi la diagnosi precoce della forma CALD di Adrenoleucodistrofia in quanto l’esito del trattamento varia in base allo stadio clinico della malattia al momento del trapianto. Lo screening neonatale per l’Adrenoleucodistrofia (ALD) rappresenta un fattore critico che consente la diagnosi precoce e il successo terapeutico del trattamento. Negli Stati Uniti, lo screening neonatale per l’ALD è stato aggiunto al Pannello di screening universale raccomandato nel febbraio 2016, ma attualmente risulta attivo soltanto in un numero limitato di Stati.

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